L’epilogo dell’estate all’insegna degli sbarchi riporta un bilancio drammatico: fonti del governo riportano che da gennaio ad oggi, nei nostri centri di accoglienza, sono stati registrati 118 mila immigrati, mentre circa 2600 hanno perso la vita o risultano dispersi nel canale di Sicilia.
Una situazione che in breve tempo ha fatto sprofondare il nostro Paese in una vera e propria emergenza. Secondo uno studio della Fondazione Migrantes, infatti, l’Italia negli ultimi due anni ha fatto registrare un aumento dell’823{5520c4b79a4452e4b579783e2ce1cfa34c21512f8ad7cc8be9dca6b30c1cbcd4} degli sbarchi.
La rotta che dal Nord Africa porta a Pantelleria, Lampedusa, Malta e alle altre regioni sud-Orientali resta ancora la più battuta dagli scafisti. La nostra penisola, insieme a Spagna, Grecia, Turchia e Israele, rientra, così, tra i territori geograficamente più adatti allo sbarco, ma a differenza di questi mantiene un certo livello di preferenza. Le motivazioni sono da ricercare nell’assetto normativo del nostro Paese: l’immigrazione, infatti, viene gestita attraverso l’operazione Mare Nostrum, che consente ai militari della Marina, una volta individuato un barcone, di scortarlo a terra, identificare le persone a bordo e condurle verso i centri di permanenza temporanea, dove le autorità decideranno il loro destino.
L’Italia dunque risulta essere un Paese di transito per i migranti aventi come destinazione il Nord Europa, perciò nonostante il numero impressionante di sbarchi, la nostra penisola non è la nazione europea con il maggior numero di immigrati presenti sul territorio.
I risvolti economici
Per l’operazione Mare Nostrum l’Europa stanzia ogni anno all’Italia 12 milioni di euro, a fronte di una spesa annuale di 114 milioni. All’interno dell’operazione Mare Nostrum, che continua il recupero degli immigrati principalmente nel Canale di Sicilia, sono profughi in fuga da Siria e Palestina, ma anche dai principali Stati africani, da Somalia e Gambia, ad Egitto e Nigeria.
Focus sul centro di prima accoglienza (CPA) PalaNebbiolo di Messina
Le coste dell’Italia meridionale continuano ad essere al centro dell’esodo dei migranti, e il centro di prima accoglienza che è stato istituito d’emergenza a Messina è il PalaNebbiolo.
Le istituzioni lo identificano come centro di permanenza provvisoria. Da lì si attendono di essere trasferiti in centri di accoglienza non provvisori in diverse zone dell’Italia. Di fatto il PalaNebbiolo risulta essere una grande tendopoli. La gestione di questo centro di prima accoglienza appare però ambigua: anche se i numeri fanno pensare ad una riduzione del suo impiego nei fatti a distanza di mesi la tendopoli è ancora in pieno regime. Non un centro di immediato smistamento ma a tutti gli effetti si può considerarlo come centro di accoglienza straordinaria. La prefettura di Messina, per identificare nuove strutture per l’accoglienza, ha adottato misure d’emergenza come la pubblicazione di un bando flash “in ragione dell’emergenza di necessità e urgenza venutasi a creare a seguito del recente sbarco al porto di Messina di numerosi migranti, intende espletare un’indagine conoscitiva fra gli enti pubblici nonché nell’ambito del privato sociale per l’individuazione di strutture idonee ad accogliere cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, in attesa di inserimento nei centri governativi ovvero nel circuito SPRAR.”
Ecco come il PalaNebiolo rimane il punto di riferimento dell’accoglienza a Messina, nonostante lo stesso sindaco abbia ribadito l’inadeguatezza della struttura, come gli allagamenti a cui è predisposta ad essere soggetta. Anche la soluzione proposta dal sindaco, ovvero quella di un centro di accoglienza nell’ex caserma Bisconte, risulta poco allettante nell’ottica di una vera accoglienza. Ai migranti dovrebbe essere garantiti i diritti di autodeterminazione e integrazione sul nostro territorio.