Il Consiglio dei Ministri ha approvato un Decreto legislativo correttivo del Jobs Act, in particolare, sul Decreto legislativo n. 81 del 2015, le modifiche apportate riguardano il lavoro accessorio (i cosiddetti voucher) e sono essenzialmente due.
La prima modifica riguarda l’obbligo per i committenti, imprenditori non agricoli o professionisti, che ricorrono a prestazioni di lavoro accessorio, di comunicare alla sede territoriale dell’ispettorato nazionale del lavoro, mediante sms o posta elettronica, almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione di lavoro accessorio, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione. I committenti imprenditori agricoli sono tenuti a comunicare, nello stesso termine e con le stesse modalità, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a 7 giorni. Questa modifica è volta a garantire la piena tracciabilità dei voucher, mutuando la procedura già utilizzata per tracciare il lavoro intermittente.
La seconda esclude il settore agricolo dall’applicazione del limite imposto ai committenti imprenditori, i quali possono avvalersi di prestazioni di lavoro accessorio per compensi non superiori a 2.000 euro per ciascun committente.
L’esclusione è motivata dal fatto che l’utilizzo del lavoro accessorio in agricoltura è già soggetto, oltre al limite generale dei 7.000 euro per lavoratore, anche ad ulteriori limiti, secondo i quali in agricoltura il lavoro accessorio è utilizzabile nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado o in qualunque periodo dell’anno, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università e per le attività agricole svolte a favore dei piccoli produttori agricoli (che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare, un volume d’affari non superiore a 7.000 euro).
Queste modifiche hanno l’obiettivo di trasformare i contratti di solidarietà “difensivi” in contratti di solidarietà “espansivi”, così da favorire l’aumento degli organici e l’inserimento di nuove competenze.
I contratti di solidarietà sono accordi, stipulati tra l’azienda e le rappresentanze sindacali, aventi ad oggetto la diminuzione dell’orario di lavoro al fine di mantenere l’occupazione in caso di crisi aziendale e quindi evitare la riduzione del personale (contratti di solidarietà difensivi,art. 1 legge 863/84) e di favorire nuove assunzioni attraverso una contestuale e programmata riduzione dell’orario di lavoro e della retribuzione (contratti di solidarietà espansivi art. 2 legge 863/84).
Nei contratti di solidarietà espansivi ai datori di lavoro è concesso, per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato un contributo a carico dell’INPS per ogni mensilità di retribuzione, pari per i primi dodici mesi, al 15 per cento della retribuzione lorda prevista dal contratto collettivo applicabile. Per ciascuno dei due anni successivi il contributo è ridotto, rispettivamente, al 10 e al 5 per cento. Il Decreto Legislativo n.148/2015 riconosce poi una specifica agevolazione per i datori di lavoro che assumano lavoratori tra i 15 e i 29 anni. Per usufruire di questi benefici, il datore di lavoro non deve aver ridotto il personale o effettuato sospensioni in regime di CIGS nei dodici mesi precedenti all’assunzione, non deve ridurre nell’unità produttiva la percentuale della manodopera femminile rispetto a quella maschile.
Ai lavoratori che accettino di trasformare il proprio orario di lavoro da full-time a part-time (non superiore al 50{5520c4b79a4452e4b579783e2ce1cfa34c21512f8ad7cc8be9dca6b30c1cbcd4} dell’orario precedentemente svolto) spetta un trattamento di pensione cumulabile con la retribuzione nel limite massimo della somma corrispondente al trattamento retributivo perso al momento della trasformazione. La cumulabilità durerà fino al momento della completa quiescenza, ferma restando negli altri casi la disciplina vigente in materia di cumulo di pensioni e reddito da lavoro.
Altre modifiche riguardano l’ISFOL, che assume la denominazione di INAPP e potrà accedere ai dati elementari detenuti dall’ISTAT, dall’INPS, dall’INAIL e dall’Agenzia delle entrate e da altri enti e amministrazioni.
Si prevede che ANPAL (agenzia per le politiche attive) effettui la verifica dei residui passivi a valere sul fondo di rotazione di cui all’articolo 9, comma 5, del decreto legge n. 148 del 1993, relativi ad impegni assunti in data antecedente alla data di entrata in vigore del decreto correttivo. Con decreto interministeriale (MLPS/MEF), in seguito alle verifiche effettuate dall’ANPAL, verranno individuale le risorse da disimpegnare che nella misura del 50 per cento confluiscono in una gestione a stralcio per essere utilizzate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Anpal potrà coordinare i programmi formativi destinati alle persone prive di impiego, ai fini della qualificazione e riqualificazione professionale, dell’autoimpiego e dell’immediato inserimento lavorativo, nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni e province autonome.
Infine, si modifica l’articolo 118 della legge n. 388 del 2000 al fine di prevede espressamente la possibilità per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali di revocare l’autorizzazione all’attivazione dei fondi interprofessionali per la formazione continua e di disporne il commissariamento qualora vengono meno i requisiti e le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione.
Alle modifiche legislative seguiranno, come è naturale che sia, attività mirate di vigilanza sul territorio.