Il 23 Giugno, nel Regno Unito, 17 milioni di persone hanno votato per uscire dall’Unione Europea. La prima cosa da sottolineare è che il Regno Unito rimarrà ancora membro dell’Unione Europea per alcuni anni fino a quando non saranno stipulati nuovi accordi commerciali, ma il voto ha già innescato una straordinaria catena di eventi.
David Cameron annuncia le dimissioni dopo la vittoria della Brexit (Britain Exit).
Il premier britannico, in una dichiarazione da Downing Street, dice: “Penso che il Paese abbia bisogno di un nuovo leader”. Ed il nuovo primo ministro sarà eletto “in Ottobre”, al congresso del Partito Conservatore. Cameron chiarisce anche che sarà “il nuovo primo ministro a condurre i negoziati” per l’uscita dall’Unione Europea.
“Il popolo britannico ha votato per l’uscita dall’Unione Europea, la sua volontà sarà rispettata”, ha detto Cameron. “Assicuro ai mercati ed agli investitori che l’economia è fondamentalmente forte”, ha aggiunto. “E rassicuro i cittadini britannici che vivono all’estero ed ai cittadini europei qui che non ci saranno cambiamenti immediati”, ha precisato.
Intanto la Scozia annuncia di voler diventare indipendente per poter tornare in Europa, mentre i politici di Italia, Francia e Danimarca affermano di voler indire un referendum di questo tipo per uscire dall’Ue.
La situazione è importante, ci si deve fermare e domandarsi quale sia effettivamente il ruolo dell’Unione Europea?
era nata per essere un unione tra i popoli ed è diventata un insieme di regole dettate dall’alto a cui tutti devono sottostare.
Essa è stata gestita male, sono entrate in Unione Europea paesi che non avevano i requisiti di bilancio economico, come L’italia, la Grecia e il Portogallo, che ora stanno morendo.
In un articolo del Financial Times, pubblicato l’1 Settembre 2008, con il titolo Pigs in Muck (Maiali nel fango), si parlava di Pigs, abbreviazione di Portogallo, Italia, Grecia e Spagna che sfortunatamente tradotto significa “maiali”. Il testo diceva che “i maiali” otto anni prima “erano arrivati a volare davvero in alto”. “Le loro economie erano risorte dopo l’unione con l’Eurozona. I tassi di interesse erano scesi ai minimi storici e spesso erano negativi in termini reali. Subito dopo, dalla sera alla mattina, si creò il boom creditizio. Gli stipendi aumentarono ed i livelli di debito si gonfiarono, così come i prezzi degli immobili, dei prodotti e dei consumi. Ora i maiali ritornano a terra”.
Un’altra abbreviazione tocca a Brasile, Russia, India e Cina ma per loro il significato è più fortunato: BRICs cioè mattoni, coniata dall’analista Jin O’Neill di Goldman Sachs, alludendo alla loro “solida crescita”.
Anche dal significato di questi neologismi si denota particolare ammirazione per i paesi che svendono ed avvelenano territorio ed abitanti e rinnegano le proprie tradizioni millenarie in favore della pseudocultura mediatica globale e della divisione sociale. Coloro che invece hanno un sistema diverso, un diverso modo di produrre, di vivere, di relazioni commerciali, sono maiali e come suini vengono segregati e spolpati dagli europolitici corrotti, dai lobbisti, affaristi, i cosiddetti “mercati”, insomma.
La globalizzazione è ingestibile. Chi vuole l’indipendenza sa che l’uomo ha bisogno di stabilità di sicurezza, che le cose si creano con il tempo.
E’ lo scontro tra chi crede che la tecnologia valga più dell’uomo, che il denaro determini le nostre vite e chi crede che la natura e l’uomo siano più importanti.
Gli inglesi l’hanno capito e tutti quanti noi appartenenti all’Unione Europea dovremmo fermarci a riflettere.
Che cosa vuole l’europa da noi?
Di certo non vuole la dignità umana, dato che si accanisce sui suoi membri tramite modelli economici e finanziari che fino ad ora hanno portato alla povertà di alcuni paesi ed alla crescita gonfiata di altri.
Nel 2015, Theresa May, ministro dell’Interno del governo conservatore di Cameron, scrisse un editoriale pubblicato dal Sunday Time, in cui dichiarava la necessità di gestire l’immigrazione da parte degli europei, che nel Regno Unito, ha raggiunto cifre inaccettabili, soprattutto Londra, una città multiculturale che oltre alla sua bellezza presenta evidenti problemi di gestione dei trasporti e del mercato degli affitti.
Ma a quel tempo, essendo in Europa, questo non era possibile perché uno dei principi dell’Unione europea è la libera circolazione delle persone.
Negli ultimi venti anni molti giovani italiani ed europei hanno vissuto in Inghilterra, soprattutto a Londra, nella speranza di un futuro migliore. Si partiva, nella maggior parte dei casi senza un lavoro, si trovava una stanza in affitto e si iniziava a lavorare come camerieri, cuochi o commessi, nella speranza di trovare, nel giro di pochi anni, un lavoro nel settore d’interesse. Questo però è sempre accaduto raramente, molti sono tornati in Italia dovendo ripartire da zero.
Gli italiani sono una delle più grandi comunità straniere della capitale inglese, circa 600 mila e adesso che l’Inghilterra non fa più parte dell’Unione Europea, il diritto automatico per i cittadini Ue di entrare in Uk finirà molto presto. Il permesso di ingresso si otterrà grazie a un sistema a punti all’australiana. Ossia verranno valutate le competenze e le capacità di ogni richiedente, nonché la conoscenza della lingua inglese. Chi non passa l’esame, non entra. Questo andrà a scapito di chi viene in Gran Bretagna senza poter offrire un lavoro qualificato. Il percorso potrebbe rivelarsi più semplice per chi ha un lavoro qualificato, più complesso per chi ha meno strumenti culturali spendibili. Non bisogna, però, farne una questione di favoritismi, è una questione di gestione di un Paese.
Il controllo sugli ingressi è una scelta intelligente, ogni paese ha la sua capacità produttiva ed un suo equilibrio.
Se si vuole superare la crisi ogni paese dovrebbe avere all’interno del proprio mercato tutto ciò che è di fondamentale importanza, per questo è molto importante il settore delle piccole e medie imprese.
Dal punto di vista del lavoro, il Regno Unito dovrà rinegoziare i suoi rapporti economici e commerciali, avvicinandosi con ogni probabilità a uno status simile a quelli di paesi come la Norvegia e l’Islanda.
L’esito del Referendum è stato un invito a rimanere nel proprio paese, ha lavorare per migliorare il proprio paese e a non fuggire. Esso ci insegna che ogni paese ha un suo equilibrio, che va raggiunto e mantenuto , non è questione di razzismo od intolleranza.